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Viaggio in India: i giardini del tè

Siamo in Assam, una natura lussureggiante ci accoglie: grandi palme, banani, manghi, distese di bamboo, geometrie di risaie. Piante di dimensioni enormi, un verde avvolgente e grandi foglie ricoperte di polvere che sembrano attendere ansiose l’arrivo delle piogge. Un cielo grigio e velato, carico di densa umidità, promette imminenti acquazzoni e il monsone, si sa, non tarderà ad arrivare. Il clima tropicale disegna paesaggi fertili dalle mille varietà di verde, adagiati lungo il corso del fiume Brahmaputra, tra le montagne e gli altopiani degli stati confinanti. Arriviamo nel nord del paese, a Dibrugarh, dove attraversiamo a piedi la pista di atterraggio del piccolo aeroporto, incompleto e dall’aria dismessa. Ci accoglie un paesaggio rurale e il dono si una sciarpa di benvenuto, bianca e tessuta a grandi motivi floreali rossi, lo stesso rosso con il quale alcuni operai stanno dipingendo il bordo in cemento di una piccola aiuola bisognosa d’acqua.
Le prime luci della sera accendono il mercato della piccola cittadina, la semplicità di gesti quotidiani in un tripudio di banchetti di frutta, verdura, tabacco e ogni più svariata mercanzia. Gialli caschi di piccole e saporite banane, bianchi cocchi, lucide mele rosse, grandi e succosi grappoli di uva appesa come una balza ornamentale sull’instabile banchetto, arance dorate, verdure raccolte in piccoli ciuffi e rinfrescate per risplendere di nuovo vigore, odore pungente di coriandolo. Nessuna foto è consentita nel vicolo ove si vendono grandi foglie di tabacco e noci di betel (noce di palma che si mastica a pezzetti insieme alla foglia e ad un po’ di calce per un rimedio che sembra avere un effetto stimolante).
E poi il tè, venduto sfuso nei grandi contenitori dei carretti ambulanti e sfilate di tessuti cangianti e multicolore che colpiscono gli occhi con la loro vivacità. Non esiste luogo al mondo capace di stordire i nostri sensi con i colori, come l’India. Ogni angolo di questo grande continente riflette la sua anima dai mille colori, dai mille profumi e dai sapori di spezie che si avvertono nell’aria.

I giardini del tè, così chiamano le vaste piantagioni delle preziose piante di Camelia sinensis (var. assamica), sono costantemente sorvegliate da guardiani armati di bastoni. Avvicinarsi ai giardini del tè, immense oasi verdi che corrono per chilometri e chilometri, non è sempre cosa gradita e spesso bisogna evitare di indugiare sguardi curiosi ed allontanarsi, per non incorrere in indesiderate discussioni. Le grandi imprese di raccolta e trasformazione delle pregiate foglie si susseguono una a fianco all’altra, creando un paesaggio uniforme ed elegante, attraversato da un’India che corre sempre più veloce e da un traffico caotico dove lo smog si mischia ai pesticidi usati per contrastare malattie e parassiti. Anche qui la modernità non si fa attendere e vede l’utilizzo di droni per sperimentare nuove forme di integrazione o sostituzione del faticosissimo lavoro manuale, sia per spruzzare i pesticidi in modo più mirato e ad una distanza ravvicinata dalle piante, sia per identificare eventuali zone colpite.
Battaglie vinte e battaglie forse ancora in corso contro l’abuso di pesticidi nocivi alla salute dell’uomo, esposto ai dannosi effetti tossici durante la coltivazione, ma anche per i residui che rimangono nelle foglie e che vengono poi assimilati al momento del consumo. Allarmi lanciati da associazioni ambientaliste, come Greenpeace, che cercano di contrastare le grandi aziende coinvolte a suon di rapporti tecnici, capaci di portare a nuove regolamentazioni e superamento di vecchi modelli industriali. Così, la più grande azienda indiana di tè, sembra pronta a sperimentare tecniche di coltivazioni ecologiche per ridurre l’utilizzo di sostanze chimiche, seguita da piccole realtà che investono in colture organiche, aiutate da sostegni economici per i piccoli agricoltori, alla ricerca di un ritorno alle origini naturali della terra e alla salute dell’uomo e del pianeta. Questa la modernità che vorremmo incontrare, quella che si permea della sua migliore accezione positiva e fa ben sperare per il futuro dell’intera Umanità.


Un’industria importante per uno dei maggiori produttori mondiali di tè, l’India, che vede nella regione dell’Assam (che da’ il nome all’omonima varietà), una delle aree più prolifiche. La valle del fiume Brahmaputra, con una terra ricca di sostanze nutritive, e il clima tropicale che alterna periodi aridi e abbondanti piogge monsoniche, consentono la perfetta umidità per questo tipo di coltivazioni, che producono raccolti estremamente diversi dalle varietà coltivate negli altopiani a quote più elevate. Il Tè Assam, conosciuto per il suo gusto forte e corposo, l’aroma di malto e il colore intenso, è sicuramente il più noto tè nero da colazione.

  

Siamo a fine marzo, quasi nel periodo della raccolta, che qui si svolge da aprile a novembre (in altre zone consente anche più di un raccolto annuo) e dalle piante, pronte alla nuova vegetazione dopo le potature invernali, spuntano i teneri germogli di colore verde brillante.
Le raccoglitrici, uscite dopo la grande pioggia notturna, colorano le verdi distese, animando un paesaggio morbido e dall’aria altrimenti immobile. I loro sorrisi si percepiscono in controluce, nel chiarore del mattino ancora umido, mentre alzano timidamente lo sguardo verso di noi. Sorrisi fieri, orgogliosi, ma anche stanchi di una vita difficile, ma accettata, sorrisi che definiscono l’India intera, in cerca di un rapido momento di condivisione e poi giù, nuovamente sotto il grande cappello, con lo sguardo immerso in questo mare verde. Vestono grandi camicie da uomo, a quadretti o a righe colorate, e un grande telo di plastica annodato in vita con un grosso spago, giganteschi copricapi di paglia intrecciata per ripararsi da un sole che diventerà sempre più infuocato nei prossimi mesi estivi e ciabatte infradito consumate dal tempo.
Con paziente cura e a mani nude raccolgono dall’alba al tramonto le piccole e fresche cime, tuffandole nelle sporte di tela bucherellata che portano legate al capo, sopra un’imbottitura di stoffa arrotolata. Dai filari spuntano gli ombrelli, pronti per un eventuale acquazzone, mentre il sole risplende tra le ultime nuvole spalmando d’oro le verdi foglie.

Un lavoro faticoso, quello delle raccoglitrici, pagato circa due dollari e mezzo al giorno. Un lavoro principalmente femminile, ma che vede impiegati anche molti uomini durante l’alta stagione della raccolta.
I grandi alberi di Coral Tree (albero del corallo, per i fiori color arancione, o Dadap, nome comune) sono piantati a distanza regolare e servono per portare ombra… al lavoro delle raccoglitrici? No, alle piantine di tè che potrebbero subire gli effetti del caldo eccessivo in arrivo nei prossimi mesi. Qui, fra non molto, il termometro potrebbe superare i quaranta gradi e la temperatura massima sopportata dalle piante del tè è di circa trenta. Un sistema che permette anche una certa umidità notturna, capace di sopperire all’assenza di impianti di irrigazione, nonché favorire un apporto di sostanze nutritive lasciato dalle foglie cadute, oltre alla riconosciuta caratteristica di agire come fertilizzante. Grandi alberi che raggiungono i trenta metri di altezza ed utilizzati, a rotazione con acacie, albizie ed altre piante, nelle piantagioni di tè e di caffè, soprattutto nei paesi tropicali.

Bisogna allontanarsi da queste immagini, di bellezza e di fatica, di logica del profitto, di grandi gruppi industriali, di potenze mondiali. Bisogna chiudere gli occhi e trovare la poesia di una foglia di tè, per immaginarne l’aroma, per seguire lentamente i lunghi processi di lavorazione che ne plasmano intensità e sapore, per ripercorrere una storia che non è sempre stata generosa, anzi. Dall’epoca della Compagnie delle Indie, le storiche case coloniali avvolgono di un velo romantico questo territorio e oggi ospitano hotel e cottage di lusso e dal fascino lontano. Sorseggiamo una tazza di tè nero profumato all’ombra dei lunghi portici in legno, immersi in un paesaggio morbido e caldo, mentre compiamo un viaggio a ritroso nel tempo. Avvolti da queste immense distese, ora pianeggianti, ora sinuose, dove la luce dorata di un tramonto illumina una elegante donna in sari, lasciamo i giardini del tè per seguire il Brahmaputra, uno dei grandi fiumi sacri indiani.

Lo stato dell’Assam, forse l’ultimo lembo d’India, si insinua tra gli stati nord-orientali del continente, dove cambiano repentinamente i tratti somatici e le culture si fondono tra i confini di Cina, Bhutan e Myanmar. Paesaggi mutevoli, natura romantica ma non sempre accogliente, acque sacre e antichi luoghi di preghiera che vivono in un presente moderno e globalizzato pur rimanendo, ai nostri occhi, oasi di pace e di lentezza.