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ROMANIA Seguendo la via incantata del Maramureș

Si avvicina il 25 agosto… “Presto le cicogne se ne andranno. Partono. Vanno a sud, nei Paesi caldi. E tornano il 25 marzo”. “Sempre lo stesso giorno, ogni anno?”  “Sì. E anche noi ce ne andremo presto, ma non torneremo”. ¹  Lungo le strade di campagna, quasi ogni alto palo in legno accoglie questi grandi uccelli dalle lunghe ed esili zampe. C’è frenesia attorno ai nidi, una cicogna vola in cerchio attorno al fascio di rami, forse davvero si sta preparando alla partenza.

Abbiamo lasciato Bucarest, città che unisce la storia di un passato lontano con quella di ieri e accoglie giovani da tutto il mondo desiderosi di vivere la modernità di una grande città. I locali nel centro storico sono affollati di ragazzi e ragazze con la voglia di divertirsi e di conoscere il mondo. I ristoranti sono un continuo andirivieni di coppie e famiglie che assaporano un nuovo benessere. La Storia sembra lontana e l'opprimente periodo comunista lo si ritrova solo nei palazzi trascurati dal tempo, se non nell'immenso palazzo di Ceaușescu, che oggi impera come un monito alla follia del potere, visitabile come monumento storico-politico.

Dietro di noi la capitale, la chiesa del monastero di Curtea de Argeș, dall’insolita architettura che unisce influenze georgiane e motivi geometrici islamici, gli stravaganti villaggi zingari di Hunedoara, il Castello Corvini e la città romana di Alba Iulia. Abbiamo già attraversato chilometri di Storia, paesaggi, natura e leggende. Ad ogni svolta un incontro inaspettato.


I Carpazi si perdono verso il confine ucraino, il fiume Tibisc (un affluente del Danubio) segna una separazione naturale che lascia intravedere una tipica cupola a cipolla di richiamo russo. Il telefono aggancia velocemente un gestore d’oltre confine, stacchiamo la nostra connessione europea.

Il Maramureș, regione rimasta a lungo isolata ed inesplorata, dalla bellezza leggendaria, si raggiunge dopo un lungo viaggio attraverso l’antica Valacchia e la Transilvania, percorrendo strade contorte immerse nei boschi, incontrando grandi orsi bruni che arrivano fino al limitare della strada richiamati facilmente dal cibo lanciato da incauti turisti e varcando i 2000 metri della strada Transfăgărășan, una delle strade più belle mondo.


Il giorno di ferragosto si festeggia Santa Maria. Nella piccola chiesa di Breb, quella nuova, accorrono gli abitanti del villaggio. Tutti. Le ragazze si uniscono a piccoli gruppi e sfoggiano gli abiti tradizionali, i più anziani e i bambini sono già in chiesa. Gli uomini nella parte più avanzata, le donne a colorare la parte centrale. Tra di loro, un'anziana mi osserva, poi mi fa un cenno, vuole offrirmi uno sgabello affinché io possa mettermi comoda e partecipare alla funzione. Cerco di spostarmi piano, non voglio disturbare, mi fermo qualche minuto con loro, mi immergo nella sacralità di questo momento corale. Sono accolta, liberamente, nonostante tenga tra le mani la macchina fotografica e nonostante i miei vestiti da turista stonino con l'esuberanza composta ed elegante degli abiti destinati all'importante funzione. I bambini rimangono all'uscita sul fondo della chiesa. Sono in festa, vestiti anche loro negli abiti della tradizione, ai piedi quasi tutti portano le opinci.

"La poetica delicatezza dei pendii fioriti era fin troppo ingannevole nel nascondere la selvaggia durezza dei boschi" ¹

Orizzonti sinuosi e covoni pazientemente impilati a mano, in equilibrio perfetto e ancora non scalzati dai moderni giganti rotoli meccanizzati, dipingono un paesaggio morbido e ordinato. Le geometrie delle campagne lavorate a falce e i terrazzamenti sapientemente coltivati, richiamano gli scenari incantati del libro di William Blacker. Tra le pagine scorre un romanzo che ritroviamo, chilometro dopo chilometro, nella realtà di un paesaggio ancora fiabesco e naturale, che si snoda tra valli romantiche e fitti boschi. E ci domandiamo per quanto ancora questo luogo saprà conservarsi nella sua unicità. 

Verso il grande monastero ortodosso di Bârsana, oggi in gran parte ricostruito, se pur secondo i canoni tradizionali in legno, sciamano gli abitanti dei vicini villaggi. Sfoggiano il loro miglior abito, stirato e inamidato con cura, esibendo i virtuosi ricami che ornano le ampie maniche delle camicie femminili e richiamano memorie popolari e familiari. Nella tradizione del ferragosto di Santa Maria molti calzano le tipiche opinci, le calzature in pelle fatte in casa, una sorta di babbuccia con il bordo arricciato a contenere il piede e legate da lunghi lacci arrotolati fino a metà polpaccio, da indossare con i grossi calzettoni di lana grezza, usate indistintamente da uomini, donne e bambini. Oggi un simbolo della tradizione, si indossano ancora nelle aree rurali del Paese, durante feste e matrimoni. E nonostante il caldo torrido di ferragosto, anche i bambini sembrano a loro completo agio nei vestiti del folclore, mentre all'ingresso ci si ferma per lasciare un'invocazione e chiedere un intervento divino e mentre le ragazze si atteggiano sorridenti per scattarsi foto con il telefonino.

Maramureș, terra dal ritmo arcaico, dove la natura ancora scandisce l’equilibrio quotidiano. Si respira un’armonia antica, di tradizioni contadine e di religione salda nel popolo. Ma anche di grande volontà e forza. Quella stessa forza che ha impedito agli anni cupi del comunismo di trascinare anche il Maramureș nella folle dittatura di Ceaușescu. Una civiltà ancora oggi rurale che, fortunatamente, i giovani iniziano a voler ritrovare e scoprire, lontana dalle città moderne e caotiche. Un’immersione nel verde, nella riscoperta di sapori e colture, di cibo rispettoso dell’ambiente, di succhi naturali ricavati da bacche e fiori. Un eden che colpisce per la perfezione disegnata all’interno di una natura ancora pura e, ai nostri occhi, romantica.  

I piccoli cimiteri sembrano abbellire i giardini delle chiese di legno e all'ombra di un albero si può sostare per un pic-nic all'aria aperta. Nulla, in questo luogo, sembra vivere al di fuori di una comunità che accoglie e cammina unita verso un futuro apparentemente lontano dalla globalizzazione.

Un matrimonio! La strada che stiamo percorrendo è bloccata dal passaggio festoso di un matrimonio tradizionale. I cavalli sono bardati a festa, ricoperti di nastri colorati e fiori di carta che arrivano fino a terra. Tra cavalieri e cavalli traspare tutta la acquisita abitudine di cavalcare, nella più tradizionale accezione rurale del Maramureș. Una perfetta simbiosi tra uomini e animali, una coesistenza plasmata in secoli di cultura contadina. È festa grande, alla casa dello sposo si attende la sposa, tra canti e musiche ad alto volume. Gli invitati vestono quasi tutti gli abiti tradizionali, ma anche eleganti e colorati abiti da cerimonia. Musica, balli, grandi sorrisi e bottiglie di pálinka alla frutta per brindare lungo tutto il percorso. Di certo non può esserci un corteo nuziale senza brindisi agli sposi e, ovviamente, siamo coinvolti pure noi. A malincuore non possiamo accettare l'invito ad unirci al brindisi ben augurante, il periodo Covid ancora ci impone un'alta soglia di attenzione che, spesso, impedisce una normale convivialità.

E nell’immersione bucolica della campagna, i monasteri ortodossi della Bucovina emergono come meraviglia assoluta e immaginifica. Splendide opere architettoniche dei secoli XIV e XV ricoperte di minuziose pitture, ci raccontano la Storia della fede ortodossa contro l’espansione dell’Islam. Oggi Patrimonio UNESCO, molti di essi sono stati restaurati e si distinguono per lo spicco cromatico che mette in evidenza anche l’opulenza del colore, come nel monastero di Voroneṭ,  dipinto di un blu unico al mondo, la cui intera facciata ovest raffigura il Giudizio Universale, ed è nominata come “Cappella Sistina d’Oriente”.  L’interno ci riporta allo stile russo con grandi iconostasi di legno interamente dipinte.

 

Ci perdiamo in caratteristici paesini medievali, nei quali spiccano strette e appuntite guglie, facciate colorate, chiese fortificate. Sighișoara, città Patrimonio UNESCO, sembra uscita da una fiaba e il suo piccolo borgo nella cittadella con i pavimenti acciottolati è un vero gioiello. Ogni città regala emozioni e scoperta, ognuna con elementi originali e unici. Ogni paesino riporta a storie del passato, di guerre, spartizioni, forti legami con la propria terra e le tradizioni tramandate nel tempo.

Come a Viscri, borgo rurale immerso nella Transilvania, un luogo fuori dal tempo che riporta alla vita dei sassoni e che ruota attorno alla piccola chiesa fortificata di stile romanico, con torri panciute e tetti appuntiti. O come a Sinaia, dove un monastero di suore operose dedite alla creazione di icone, alla realizzazione di tappeti e abiti monacali, colpisce per l'opulenza dei suoi giardini carichi di fiori e per l'amore che traspare dalla cura.

La vita, la morte, l'allegria. Un forte sentimento religioso di fede nutre ancora la gente dei villaggi rurali. Le lapidi sono comuni articoli venduti nei mercati e nei cimiteri non è raro vedere delle tombe già predisposte con la sola data di nascita, pronte per accogliere future partenze. Il popolo zingaro, con i baffoni appuntiti, abiti colorati ed eccentrici, grandi monili e lunghe trecce annodate con nastri di raso, sicuramente non è più visto come un tempo, ma permangono le stravaganze insieme alle abilità artigianali e alla voglia di allegria. Le chiese interamente realizzate in legno, impreziosite dagli affreschi e dalle icone adorne di ricami esuberanti di colori e tradizione, si uniscono alla originalità, divenuta anch'essa tradizione, del "Cimitero Allegro" di Săpânța. Una fusione di armonia e bellezza, di fede, tradizione e folclore.  

 

¹  Blacker W., (2012), Lungo la via incantata, Adelphi Edizioni Milano